sabato 19 dicembre 2015

Verdi, Giuseppe - Otello - Il brindisi di Jago - Jago, Roderigo, Cassio, coro di Ciprioti

Nella sua penultima opera Verdi inserisce, tra altri colpi di genio, una scena estremamente complessa dal punto di vista degli "scambi" tra i personaggi e della loro descrizione umana e psicologica. Jago è un alfiere di Otello e odia Cassio perché ritiene che il grado di capitano di Cassio medesimo spetterebbe invece a lui. Per fare sfigurare Cassio agli occhi di Otello, coinvolge Roderigo e gli mostra Cassio come un rivale da temere. Roderigo cade nella trappola. Jago riesce a fare ubriacare Cassio e Roderigo trascina Cassio medesimo in un duello che provocherà disordine e rumore tra la folla. Otello, accorso, priva Cassio del grado di capitano. Jago ha ottenuto la prima parte della sua vendetta.

La scena, tra l'altro, è meravigliosa per il contrasto tra le intenzioni malvagie di due dei personaggi principali e l'aria di festa che li circonda, con gli ignari avventori dell'osteria che non si rendono conto della tragedia in corso.

Ecco il lungo testo. Le mie spiegazioni sono in corsivo ma inserite tra un verso e l'altro per distinguerle dalle numerose note di regia del testo.

JAGO – RODERIGO, beviam! Qua la tazza, Capitano.
CASSIO – Non bevo più.
JAGO – (avvicinando il boccale alla tazza di CASSIO) Ingoia questo sorso.
CASSIO – (ritirando il bicchiere) No.
JAGO – Guarda! Oggi impazza tutta Cipro! È una notte di gioia, dunque…

(Impazzare ha la stessa origine di impazzire ma si usa per indicare una pazzia "buona" come quella delle feste molto movimentate.)

CASSIO – Cessa. Già m'arde il cervello per un nappo vuotato.

("Nappo" è un termine antiquato per indicare un bicchiere. Cassio ha già bevuto e si sente bruciare il cervello)

JAGO – Sì, ancora bever devi. Alle nozze d'Otello e Desdemona!
CIPRIOTI – Evviva!
CASSIO – (alzando il bicchiere e bevendo un poco) Essa infiora questo lido.

(La bellezza e la grazia di Desdemona ornano il posto come ghirlande di fiori).

JAGO – (sottovoce a RODERIGO) Lo ascolta

(Sarebbe "Ascoltalo" in italiano moderno)

CASSIO – Col vago suo raggiar chiama i cuori a raccolta.

(Cassio continua a lodare Desdemona: la donna, bella e gentile, sembra irradiare luce e chi la conosce non può fare a meno di amarla).

RODERIGO – Pur modesta essa è tanto.

(Roderigo riflette sull'oggetto del suo amore e mostra la propria umanità. In fondo, anche lui non è che una vittima, uno strumento nelle mani di Jago).

CASSIO – Tu, JAGO, canterai le sue lodi!

(Cassio pensa che persino Jago, che non doveva essere un campione di simpatia, non potrà che lodare Desdemona)

JAGO – (piano a RODERIGO) Lo ascolta (forte a CASSIO) Io non sono che un critico.
CASSIO – Ed ella d'ogni lode è più bella.

(Cassio continua a straparlare, facendo chiaramente capire a chi ascolta quanto sia invaghito di Desdemona)

JAGO – (come sopra, a RODERIGO, a parte) Ti guarda da quel CASSIO

("Guardati da" o "Stai attento a" quel Cassio. Jago insinua nel cervello di Roderigo il seme della gelosia. Roderigo desidera Desdemona e teme che Cassio, più giovane e brillante, possa essere dalla donna preferito a lui.)

RODERIGO – Che temi?
JAGO – (ancora a piano a RODERIGO) Ei favella già con troppo bollor, la gagliarda giovinezza lo sprona, è un astuto seduttor che t'ingombra il cammino. Bada…

(La prima parte della doppia trappola di Jago inizia a scattare. Roderigo è sempre più geloso di Cassio. Jago, con parole attentamente scelte, fa notare a Roderigo come Cassio stia parlando con ammirazione di Desdemona e ricorda a Roderigo stesso che Cassio è giovane, prestante ed evidentemente anche invaghito della moglie di Otello. Jago descrive Cassio come "astuto seduttore" che intralcia il percorso di Roderigo verso il cuore di della bella Desdemona).

RODERIGO – Ebben?
JAGO(ancora a piano a RODERIGO) S'ei inebria è perduto! Fallo ber (ai tavernieri) Qua, ragazzi, del vino! (JAGO riempie tre bicchieri: un per sé, uno per RODERIGO, uno per CASSIO. I tavernieri circolano colle anfore. a CASSIO, col bicchiere in mano: la folla gli si avvicina e lo guarda curiosamente) Inaffia l'ugola! Trinca, tracanna! Prima che svampino canto e bicchier.

(Jago inizia a chiudere la seconda trappola: quella per Cassio che dovrà ubriacarsi, parlare in modo sempre più sconnesso e perdere il controllo di fronte a tutti per rovinarsi la reputazione, specialmente agli occhi di Otello)

CASSIO(a JAGO, col bicchiere in mano) Questa del pampino verace manna di vaghe annugola nebbie il pensier.

(La frase, molto circonvoluta, sarebbe più semplicemente qualcosa come "Questo delizioso prodotto della vite (il vino) avvolge i pensieri in una nuvola rosa". Il pampino è la foglia della vite, la manna fa riferimento al delizioso alimento mandato da Dio agli Ebrei nel deserto, e... Il pensiero viene annuvolato, qui con il ricercato verbo "annugolato", da "vaghe", cioè "belle, gradevoli", nebbie.

JAGO(a tutti) Chi all'esca ha morso del ditirambo spavaldo e strambo beva con me! beva con me, beva, beva, beva con me!

(Il ditirambo era, nella Grecia antica, una danza dedicata a Dioniso (il latino Bacco). In seguito si è comunque usato il termine anche in epoca moderna per indicare una poesia o un canto che celebri l'ebbrezza data dal vino, ovvero, senza mezzi termini, l'ubriachezza. La frase di Jago vuole significare "chi si è lasciato prendere dalla voglia di festeggiare bevendo e perdendo il controllo, beva con me!")

TUTTIChi all'esca ha morso del ditirambo spavaldo e strambo beve con te.
JAGO(a RODERIGO indicando CASSIO) Un altro sorso è brillo egli è
RODERIGO(a JAGO) Un altro sorso è brillo egli è
JAGOIl mondo palpita quand'io son brillo! Sfido l'ironico Nume e il destin!

(Jago, stando invece attento a non ubriacarsi, afferma di essere brillo e dice che vede il mondo "palpitare". A ciò aggiunge che quando è incoraggiato dal vino, sfida persino il Nume, cioè Dio (che definisce "ironico" e questa è una bella annotazione sul cinismo di Jago) e il Destino).

CASSIO(bevendo ancora) Come un armonico liuto oscillo; La gioia scalpita sul mio cammin!

(Cassio inizia ad essere veramente ubriaco e afferma di vibrare come un liuto. Davanti a sé vede soltanto la gioia del momento festoso).

JAGOChi all'esca ha morso, etc…
TUTTIChi all'esca ha morso, etc…
JAGO(a RODERIGO) Un altro sorso e brillo egli è!
RODERIGO(a JAGO) Un altro sorso e brillo egli è!
JAGO(a tutti) Fuggan dal vivido nappo i codardi…

(Una sottile sfida di Jago a Cassio ormai ubriaco. Chi fugge dal "vivido Nappo", ovvero dal bicchiere colmo di vita, è un codardo. Cassio abbocca alla provocazione).

CASSIO(interrompendo) In fondo all'anima ciascun mi guardi! (beve)

(Cassio si sente punto sul vivo e accetta la sfida a bere. Nessuno deve pensare che sia un codardo!).

JAGO… che in cor nascondono frodi.

(Jago continua a punzecchiare Cassio, insinuando che lo stesso sia, in fondo all'anima, una persona falsa e traditrice. Cassio abbocca nuovamente e nel verso successivo sostiene con forza di non avere paura della verità. Ma ormai è completamente ubriaco e precipita sempre più verso la propria rovina).

CASSIONon temo, non temo il ver.
JAGOChi all'esca ha… … morso del ditirambo…
CASSIO(barcollando) non temo il ver, … … non temo il ver.
JAGO… bevi con me …
CASSIOnon temo il ver…
JAGObevi, bevi con me.
CASSIOe bevo e bevo e bevo…
CIPRIOTI(la metà del Coro, ridendo) Ah! Ah Ah! Ah ah! Ah ah! … … Ah ah! Ah ah! Ah ah!
CASSIO(vorrebbe ripetere il primo motivo, ma non si sovviene) Del calice…
JAGO(a RODERIGO) Egli è briaco fradicio

("Non si sovviene" significa "non si ricorda). "Briaco" è un modo antiquato di dire "ubriaco")

CASSIOdel calice… … gli orli …
JAGO(a RODERIGO) Ti scuoti. Lo trascina a contesa. è pronto all'ira

(Jago invita Roderigo a scuotersi dal... Torpore alcolico e dai pensieri rivolti a Desdemona, e a provocare Cassio per causare un duello. Cassio è completamente ubriaco e, come tutti gli ubriachi, pronto ad arrabbiarsi e a perdere il controllo).

CIPRIOTI(gli altri ridono di CASSIO) Ah ah! Ah ah!
JAGO(a RODERIGO) T'offenderà. . .ne seguirà tumulto!

(La terza parte della trappola. Il duello tra Roderigo e Cassio causerà un tumulto, confusione tra la folla e rumore nella città, che non potrà che giungere agli orecchi di Otello).

CASSIO(ripiglia, ma con voce soffocata) Del calice… gli orli…
JAGO(a RODERIGO) Pensa che puoi così del lieto Otello turbar la prima vigilia d'amor!

(Jago rincara la dose per convincere Roderigo: causando lo scoppio di un tumulto, rovinerà la notte d'amore di Otello con Desdemona. Nella scena successiva, Cassio e Roderigo duelleranno, sino all'arrivo di Otello che toglierà a cassio il grado di capitano).

RODERIGO(risoluto) Ed è ciò che mi spinge)
CASSIO… s'impor… s'impor… s'imporporino.
CIPRIOTIAh! Ah ah! Ah ah!
RODERIGO, JAGO, CASSIO, CIPRIOTI Bevi, bevi con me, bevi con me.

Tutti bevono

sabato 28 novembre 2015

Verdi, Giuseppe - Il Trovatore - Stride la vampa - Azucena, mezzosoprano

Questa volta ci occupiamo, verrebbe da dire per "par condicio", di una famosissima aria per mezzosoprano, forse la più famosa: "Stride la vampa", dal Trovatore di Verdi.
Per chi non conosce la trama, abbastanza complicata, dell'opera, basterà dire che Azucena, una zingara attorno a cui ruota tutta l'opera, rivive in quest'aria la scena del martirio al rogo della propria madre, a sua volta accusata di avere gettato un maleficio sul figlio del conte di Luna.

L'aria è preceduta dal famoso coro detto "dell'incudine" e seguita da una lunga scena in cui viene svelato il nodo fondamentale dell'opera: lo scambio di persona tra il figlio dell'attuale Conte di Luna e il figlio della stessa Azucena.

Ecco il testo.

Stride la vampa! - la folla indomita
Corre a quel fuoco - lieta in sembianza;
Urli di gioia - intorno echeggiano:
Cinta di sgherri - donna s'avanza!
Sinistra splende - sui volti orribili
La tetra fiamma - che s'alza al ciel!
Stride la vampa! - giunge la vittima
Nerovestita, - discinta e scalza!
Grido feroce - di morte levasi;
L'eco il ripete - di balza in balza!
Sinistra splende - sui volti orribili
La tetra fiamma - che s'alza al ciel!

Ed ecco alcune annotazioni al testo stesso.

Stride la vampa significa qualcosa come "crepita la fiamma". La zingara, evidentemente e comprensibilmente sconvolta, percepisce il crepitio del fuoco come uno "stridore", un suono insopportabile e spaventoso.

La folla indomita in questo caso non va intesa come "indomita" in senso positivo, come si direbbe di un'eroe o un condottiero. Indomita, nel presente contesto, va piuttosto intesa come "incontenibile, irruenta".

Corre a quel fuoco - lieta in sembianza: la folla si avvicina al rogo, e le persone che la formano hanno facce contente e allegre come se si recassero a una festa. Ciò è confermato dal verso seguente:
Urli di gioia - intorno echeggiano.

Cinta di sgherri, ovvero circondata dalle guardie, dette spregiativamente "sgherri". La parola "sgherro" deriva dal longobardo e poi dall'alto tedesco e indica una guardia privata al soldo di un padrone. Il termine però è rapidamente passato a indicare un prepotente rozzo e violento.

Sinistra splende - sui volti orribili
La tetra fiamma - che s'alza al ciel!

Sembra di vedere la folla sghignazzante e becera con i volti illuminati dal bagliore delle fiamme. Fiamme che agli occhi di Azucena appaiono "tetre" e orribili.

Stride la vampa - giunge la vittima
Nerovestita - discinta e scalza!

All'inizio del verso si ripete il richiamo al suono della fiamma, come per riaffermare il potere tristemente evocativo di tale suono. Dal punto di vista drammatico si tratta di una trovata geniale per "spostare la telecamera" dai volti della folla assetata di sangue alla vera e involontaria protagonista della scena: la vittima, la vecchia zingara madre di azucena. La breve descrizione la racconta come vestita di nero, con gli abiti strappati e scalza. Bastano queste tre caratteristiche per dare un'idea di profonda disperazione e suggerire l'inermità della vittima stessa, completamente in balìa delle guardie e della folla.

Grido feroce - di morte levasi;
l'eco il ripete - di balza in balza

Ancora un'annotazione "sonora" a commento della scena: la folla finalmente adocchia la sua preda e il grido della marmaglia, misto di gioia e furore, viene ripetuto molte volte dall'eco delle vicine montagne. Anche in questo caso, il fatto che sia possibile udire l'eco indica che dopo il grido della folla si crea un teso silenzio: tutti, vittima e carnefici, sanno che cosa sta per accadere e mancano ormai pochi istanti al sacrificio. Nel silenzio irreale dell'attesa, il "focus" si sposta nuovamente sulla folla e sulle espressioni feroci dipinte sui volti degli astanti. Si ripetono così i versi che terminavano la prima parte dell'aria:

Sinistra splende - sui volti orribili
La tetra fiamma - che s'alza al ciel!

L'inevitabile fine della scena non viene rivelata in quest'aria: il pubblico sa benissimo che il racconto si concluderà con la morte al rogo della vecchia zingara, ma l'indovinatissima scelta drammatica degli autori sposta la descrizione dettagliata del supplizio alla successiva aria Condotta ell'era in ceppi, poco più avanti nella stessa scena.




sabato 31 ottobre 2015

Verdi. Giuseppe - Falstaff - Sul fil d'un soffio etesio - Nannetta, soprano

Uno dei rari momenti veramente riconducibili a un'aria che compaiono nel modernissimo Falstaff di Verdi, questo brano è stato reso da Boito, per quanto riguarda il libretto, molto più dolce e meno inquietante dell'originale Shackesperariano.
Nannetta, personificazione del candore della gioventù nel teatrino di "adulti" cinici, viziosi e a volte francamente laidi del Falstaff, si traveste da regina delle fate e invita le compagne "magiche" a compiere un rito scrivendo parole misteriose con i petali dei fiori. Si noti che nell'originale del Bardo, come probabilmente era usuale in Inghilterra al tempo, le "fate" non erano considerate benefiche come oggi avviene, in contrapposizione alle "streghe". Le fate erano comunque creature che era meglio non incontrare, per non rischiare orribili trasformazioni e punizioni alle spese dei poveri mortali.

Il testo originale è il seguente:

Sul fil d'un soffio etesio
scorrete, agili larve;
fra i rami un baglior cesio
d'alba lunare apparve.
Danzate! E il passo blando
misuri un blando suon,
la magiche accoppiando carole
alla canzon.

(Coro)
La selva dorme
e sperde incenso ed ombra;
e par nell'aer denso
un verde asilo in fondo al mar.

(Nannetta)
Erriam sotto la luna
scegliendo fior da fiore;
ogni corolla in core
porta la sua fortuna.
Coi gigli e le viole
scriviam de' nomi arcani;
dalle fatate mani
germoglino parole...
parole alluminate di puro argento
e d'or...
carmi e malìe.
Le fate hanno, per cifre,
i fior.

(Coro)
Moviam ad una ad una
sotto il lunare albor
verso la quercia bruna del nero Cacciatore

(Nannetta)
Le fate hanno per cifre i fior

(Coro)
Verso la quercia bruna del nero Cacciator.

Una "traduzione" in italiano moderno potrebbe essere la seguente:

Sul fil d'un soffio etesio
Si inizia subito con un vocabolo ricercato: "etesio". Gli etesi sono venti annuali che spirano principalmente nel bacino del Mediterraneo orientale. E ringraziamo Boito di non aver usato un soffio "meltemio"; meltémi è infatti il nome turco di questi venti, più comunemente usato in ambito meteorologico.

scorrete, agili larve;
in questo verso le "larve" dovrebbero essere intese con il doppio significato di "maschere" (come ben sa Nannetta) e "fantasmi" (come probabilmente intende il povero Falstaff). "Scorrete" vuol dire "fatevi trasportare, volate" sul famoso filo di vento di cui sopra.

fra i rami un baglior cesio
d'alba lunare apparve.
La luna è sorta e la sua luce tra i rami degli alberi è di colore azzurro metallico: è questo infatti il significato di "cesio" come aggettivo.

Danzate! E il passo blando
misuri un blando suon,
la magiche accoppiando carole
alla canzon.
Danzate (rivolto alle "fate" della mascherata) e il passo lento e morbido dia il tempo per un canto altrettanto morbido, per abbinare le danze (le "carole") al canto stesso.

(Coro)
La selva dorme
e sperde incenso ed ombra;
La foresta è addormentata e gli alberi resinosi diffondono il loro profumo, mentre le loro chiome fanno ombra ai raggi della luna

e par nell'aer denso
un verde asilo in fondo al mar.
L'aria umida che, possiamo immaginare, aleggia di notte nella foresta, e il verde degli alberi sembrano creare un rifugio, un luogo segreto in fondo al mare.

(Nannetta)
Erriam sotto la luna
scegliendo fior da fiore;
Muovendoci sotto la luce lunare, scegliamo i fiori giusti: non tutti i fiori vanno bene perché...

ogni corolla in core
porta la sua fortuna.
...ognuno di loro ha diverse proprietà magiche. In questo caso intenderei "fortuna" più come "destino" che non come "buona sorte".

Coi gigli e le viole
scriviam de' nomi arcani;
Nannetta incita le fate a scrivere, con i gigli e le viole, parole e frasi magiche

dalle fatate mani
germoglino parole...
parole alluminate di puro argento
e d'or...
dalle mani delle fate vengano composte parole lucenti e preziose come l'oro e l'argento

carmi e malìe.
poesie e incantesimi.

Le fate hanno, per cifre,
i fior.
Le fate usano come lettere dell'alfabeto, per scrivere, appunto i fiori.


(Coro)
Moviam ad una ad una
sotto il lunare albor
verso la quercia bruna del nero Cacciatore
Non sono necessarie particolari spiegazioni. Il coro delle fate commenta il proprio movimento verso la quercia di Herne, il "nero Cacciatore" della leggenda raccontata nella commedia Shackespeariana: una specie di spirito maligno che nelle notti d'inverno, a mezzanotte precisa, si aggira intorno alla quercia con grandi corna ramificate, abbatte gli alberi e rapisce gli animali, scuotendo una grossa catena e facendo tutti i rumori spaventosi che un fantasma beneducato deve fare. In questo momento dell'opera, Falstaff è proprio travestito da Herne ma ha molta più paura lui delle fate che non le fate di lui.

(Nannetta)
Le fate hanno per cifre i fior

(Coro)
Verso la quercia bruna del nero Cacciator.

Pochi istanti dopo questo momento lirico, Falstaff verrà scoperto e avrà inizio una "punizione collettiva" da parte delle fate e dei folletti nei confronti del povero Dongiovanni mancato.

martedì 20 ottobre 2015

Caccini, Giulio - Amarilli mia bella - da "Le nuove musiche" - Estensione circa 1 ottava

Oggi prendiamo in esame una delle cosiddette "Arie antiche", molto bella all'ascolto e non difficilissima nell'esecuzione. Data l'estensione limitata (quasi per tutto il brano una sola ottava, con una capatina alla nona nella cadenza finale), viene spesso assegnata tra le prime arie cui uno studente di canto viene a dedicarsi.

Il testo originale è il seguente.

Amarilli, mia bella
non credi, o del mio cor dolce desio,
d'esser tu l'amor mio?
Credilo pur, e se timor t'assale
prendi questo mio strale (a volte corretto in "dubitar non ti vale")
aprimi il petto, e vedrai scritto in core
"Amarilli è il mio amore". (2 v.)
Amarilli è il mio amore.

Il testo è piuttosto breve e il brano, malgrado le inflessioni in minore, è più rassicurante che triste. Si tratta di un innamorato che vuole convincere la sua donna che solo lei è il suo vero amore.
Una versione moderna non è  molto distante dall'originale, se si eccettuano alcuni particolari che a prima vista possono sfuggire.


Amarilli, mia bella
non c'è bisogno di spiegazioni

non credi, o del mio cor dolce desio,
non credi, o tu che sei il dolce desiderio del mio cuore,

d'esser tu l'amor mio?
di essere tu il mio amore?

Credilo pur, e se timor t'assale
Credilo, e se ti assale il timore che non sia vero,

prendi questo mio strale (a volte corretto in "dubitar non ti vale")
prendi questa mia freccia (la correzione, meno sanguinaria è "non è il caso di dubitarne")

aprimi il petto, e vedrai scritto in core
aprimi il petto (con la freccia di cui sopra) e vedrai scritto sul cuore

"Amarilli è il mio amore". (2 v.)
non c'è bisogno di spiegazioni.

Amarilli è il mio amore.
La cadenza finale ripete l'ultima frase.

lunedì 19 ottobre 2015

Verdi, Giuseppe - La Traviata - Di Provenza il mar, il suol - Giorgio Germont, Baritono

Oggi ci dedichiamo a uno dei brani più amati e presenti nel repertorio dei baritoni verdiani: "Di Provenza il mar, il suol", dalla Traviata.

Il testo originale è il seguente.

Di Provenza il mar, il suol ~ chi dal cor ti cancellò?
Al natìo fulgente sol ~ qual destino ti furò?...
Oh, rammenta pur nel duol ~ ch'ivi gioia a te brillò,
e che pace colà sol ~ su te splendere ancor può.
Dio mi guidò!

Ah! il tuo vecchio genitor ~ tu non sai quanto soffrì!...
te lontano, di squallor ~ il suo tetto si coprì...
ma se alfin ti trovo ancor, ~ se in me speme non fallì,
se la voce dell'onor ~ in te appien non ammutì.
Dio m'esaudì!

Come si vede, la poesia è densa di manierismi del periodo e non si presenta con grande chiarezza a un lettore moderno.

Una libera "traduzione" in italiano moderno potrebbe essere la seguente.

Di Provenza il mar, il suol ~ chi dal cor ti cancellò?
Chi ha potuto cancellare dal tuo cuore il ricordo della Provenza, del suo mare, della sua terra? (Si intuisce che la Provenza è la zona della Francia di cui è originario Alfredo Germont, il tenore protagonista).

Al natio fulgente sol ~ qual destino ti furò?...
Quale destino, quale caso della vita ha potuto rapirti al sole splendente di quei luoghi dove sei nato (sempre la Provenza)?

Oh, rammenta pur nel duol ~ ch'ivi gioia a te brillò,
e che pace colà sol ~ su te splendere ancor può.
Anche nel dolore, ricorda che in quei posti sei stato felice e che solo là potrai ritrovare la pace.

Dio mi guidò!
Dio mi ha guidato qui (si immagina, per riportare Alfredo alla casa paterna).

Ah! il tuo vecchio genitor ~ tu non sai quanto soffrì!...
Verso abbastanza chiaro: "non puoi immaginare quanto ha sofferto il tuo vecchio padre".

te lontano, di squallor ~ il suo tetto si coprì...
Con te lontano, la nostra casa è divenuta vuota e squallida.

ma se alfin ti trovo ancor, ~ se in me speme non fallì,
Ma se ora ti ritrovo e la mia speranza non è stata vana

se la voce dell'onor ~ in te appien non ammutì.
Se la voce dell'onore non è in te completamente silenziosa

Dio m'esaudì!
Allora Dio mi ha esaudito

Un testo, a parere di chi scrive, non bellissimo, ma che viene ampiamente riscattato dalla musica che lo "veste" nel contesto dell'opera.

lunedì 27 gennaio 2014

G. Verdi - La seduzione (romanza) (1839)

Ed ecco oggi il testo de La seduzione, su testo di Luigi Balestri.

Era bella com'angiol del cielo, 
Innocente degl'anni sul fiore, 
Ed il palpito primo d'amore 
Un crudele nel cor le destò. 
Inesperta, fidente ne'giuri, 
Sè commise all'amante sleale; 
Fu sedotta! e l'anello nuziale, 
Poveretta, ma indarno invocò. 
All'infamia dannata, allo scherno, 
Nove lune gemè la tradita; 
Poi, consunta dal duolo la vita, 
Pregò venia al crudele e spirò. 
Ed il frutto del vil tradimento 
Nel sepolcro posogli d'appresso; 
Là non sorse una croce, un cipresso, 
Non un sasso il suo nome portò 

 La traduzione in italiano moderno potrebbe essere: 

Era bella come un angelo
Innocente, nel fiore degli anni (molto giovane) 
E un uomo crudele le risvegliò nel cuore le prime emozioni d'amore. 
Inesperta, si fidava dei giuramenti e si è legata, dedicata totalmente all'innamorato sleale (qui amante non ha ancora il senso moderno, ma quello di "innamorato").
Fu sedotta (può voler dire che l'innamorato sleale le aveva fatto perdere la testa, ma anche, come in questo caso, che aveva avuto rapporti sessuali con lei) e inutilmente, poverina, chiedeva di essere sposata. 
Per nove mesi pianse, sentendosi tradita, per la vergogna, per le prese in giro (evidentemente era rimasta incinta)
Poi, consumata dal dolore augurò il perdono al crudele innamorato e morì. 
E il frutto del tradimento (il bambino che aspettava) fu messo accanto a lei nella tomba
La tomba non fu contrassegnata (evidentemente per la vergogna) né da una croce, né da un cipresso, né da una lapide.

Evidentemente si desiderava che la poveretta, rea di avere acconsentito a rapporti prematrimoniali e rimasta incinta, fosse semplicemente dimenticata da tutti, per non disonorare la famiglia.

lunedì 9 luglio 2012

Bellini - La Sonnambula - Vi ravviso o luoghi ameni

Anche in questo caso, un breve testo non troppo complicato.

Vi ravviso, o luoghi ameni,
in cui lieti, in cui sereni
sì tranquillo i dì passai
della prima gioventù!
Cari luoghi, io vi trovai,
ma quei dì non trovo più!

Sostanzialmente è un malinconico ricordo dei giorni passati, di fronte ai luoghi dove Rodolfo è nato e cresciuto. Il basso si dispiace perché ha ritrovato i posti dove è stato ragazzo, ma naturalmente non "trova" più i giorni della sua gioventù ormai passata.

Molto liberamente, potremmo avere:

Vi riconosco, posti belli e piacevoli
dove felici e tranquilli ho passato
i giorni della mia infanzia e gioventù.
I posti, li riconosco, ma 
i giorni lieti della mia gioventù sono finiti
e non torneranno mai più...